Sedotti da una sorta di metafisica del dubbio e comunque sensibili alla necessità della ricerca ontologica, gli scrittori italiani del Novecento che compaiono in queste pagine dimostrano di saper utilizzare le modalità proprie della narrazione fantastica come strumenti epistemologici atti a recuperare anche modalità di pensiero magico e primitivo, in obbedienza ad un bisogno di sacralità e trascendenza.
La scrittura fantastica denuncia il senso del distacco del soggetto dalla sua natura più intima e vera. Spesso si tratta di una distanza dal senso, da cui emerge la percezione dell’irraggiungibilità del significato vero della vita, e qui il discorso diviene impossibilità di una qualunque forma di escatologia.
Il fantastico assume il reale come problematico e contraddittorio: genere scarsamente convenzionale, soprattutto nella sua veste novecentesca, in qualche modo spiazza, pone il soggetto in uno stato di necessaria problematizzazione in relazione ai fatti narrati ed è ben lungi dall’effetto consolatorio e gratificante della letteratura d’evasione a cui in passato si è cercato di ricondurlo.
Così il fantastico, spesso condannato come letteratura del disimpegno, rivela il suo vero volto: la sua forza trasgressiva investe un’intera percezione del mondo, il sistema assiologico, i rapporti sociali e di potere riconosciuti all’interno di un’intera collettività. Proprio per la sua funzione di sismografo dei movimenti del profondo e per la sua proiezione verso l’ignoto, il fantastico mette in scena la visione dell’alterità inquietante, spesso inseguita e agognata nell’illusione di un completamento del sè.
Attraverso le sue “fiabe della negazione”, il fantastico del ‘900 italiano è stato il genere che si è meglio prestato alla trattazione dell’horror vacui: la coscienza novecentesca, consapevole del nulla che sottende ogni cosa, ha rivelato di riuscire a parlare di questo nulla meglio con i suoi costrutti fantastici che con la letteratura mimetica in cui la vita e il mondo sono rappresentati fine a se stessi, senza che possano lasciar trapelare la loro inconsistenza e la loro straziante finitudine.
L’io che trova nell’altro il proprio fondamento ontologico, ha potuto registrare attraverso il testo fantastico l’assoluta e radicale alterità del nulla e della morte. Ed è proprio l’Assenza a rappresentare il dominio semantico a cui sono stati ricondotti i temi del nulla, del desiderio e del trapasso analizzati in questo saggio.
Maria Elena Cialente
L'ALTRO E L'ASSENTE Fantastico italiano del Novecento
Edizioni Solfanelli
[ISBN-978-88-7497-663-8]
Pagg. 248 - € 18,00