Capo dei Navajos e agente indiano della loro riserva, Tex ha settant’anni e non va in pensione.
La ragione è persino ovvia; non può. La storia dell'umanità si sviluppa attraverso conflitti di classe, fra la parte "alta" e quella "bassa" della società. Non una partita di calcio fra squadre opposte che, allo scadere del primo tempo, si scambiano di campo, ma una vicenda i cui conflitti hanno sempre avuto una morfologia verticale, quella tra dominanti e dominati.
In questo contesto conflittuale, Tex Willer è stato pensato, disegnato, scritto e raccontato quale figura con una chiara posizione, tutta orientata verso i più deboli, dei quali raccoglie le istanze. Pur mettendo la legalità davanti a tutto, in sua assenza egli sostiene il ricorso all’astuzia, al conflitto e alla forza. La legge stessa è dimostrazione di una forza di cui lo Stato detiene il monopolio.
La colt, il winchester e la guerriglia sono la risposta all'assenza dello Stato, alla corruzione e all'incapacità dei suoi funzionari. Chi nelle aule s’interroga sull’esistenza della guerra giusta può trovare in questi pensieri la traccia per una risposta, perché lottare dalla parte dei deboli, giusto lo è sempre.
Antonio Peduzzi
TEX L'OPERAISTA Di destra o di sinistra? Semplicemente “eroe dell’antistato”
Edizioni Solfanelli
[ISBN-978-88-3305-212-0]
Pagg. 96 - € 9,00