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TANTO VALE CHIAMARLE APOCALISSI

TANTO VALE CHIAMARLE APOCALISSI
Vito Davoli incontra il Realismo terminale col quale si intreccia e mi pare che tenga botta con sudata consapevolezza. Il suo lavoro poetico non è affatto una fotocopia, come oggi capita abitualmente, ma è un’officina, nel senso pasoliniano del termine, capace di interloquire con questi nostri giorni funerari. Naturalmente un pizzico d’ironia, come il sale sui cibi, salva felicemente dalla insipidità che ci sta braccando con tutta l’energia di una disperata cultura circense.
Ma sarà interessante seguire questo autore nel futuro che, minacciosamente spinge quasi tutto allo slogan o a deragliare.
[Guido Oldani]

Davoli dialoga con sicurezza col poeta lombardo e il suo movimento, muovendosi nell’ambito della Weltanschauung che Oldani espresse nel memorabile pamphlet Il Realismo Terminale, Mursia 2010.
Nella dimensione schizoide del quotidiano, la percezione di accatastamento connota i ricordi di Davoli, pendolari in vagoni in cui si rischia l’asfissia, e questa percezione quasi di assenza del respiro connota l’intera silloge. Davoli è sempre a metà strada tra radicamento nel materico e tensione all’infinito; suo è un innato senso d’ali. Esito di questo contrasto tra carne e cielo – per usare un’espressione pasoliniana – sono versi come l’explicit del primo testo della raccolta, in cui Davoli si chiede «in quale angolo si isola l’anima / a mangiarsi le unghie».
[Gianni A. Palumbo]

Vito Davoli
TANTO VALE CHIAMARLE APOCALISSI
Esercizi di Realismo Terminale Más vale llamarlas apocalipsis
Prefazione di Guido Oldani
Postfazione di Gianni Antonio Palumbo
Edizioni Tabula fati
[ISBN-979-12-5988-404-6]
Pag. 126 - € 11,00
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